Madonna della vittoria

Artista Andrea Mantegna
anno 1496
Tempera media su tela
Dimensioni 280 cm ◊ 166 cm (110 in ◊ 65 in)
Location Museo del Louvre, Parigi

Il 6 luglio 1495 l’esercito francese di Carlo VIII di Francia, ritirandosi dall’Italia dopo l’invasione francese del 1494-1498, combatté la lega italica nella battaglia di Fornovo. La Lega, comandata da Francesco II Gonzaga, marchese di Mantova, era formata da numerosi stati nazionali determinati a impedire il dominio francese in Italia e comprendeva il Sacro Romano Impero, la Spagna, Venezia, Milano e gli Stati Papali controllati da Papa Alessandro VI. Sebbene la Lega avesse perso più soldati, avevano anche catturato più soldati di quanti ne fossero i francesi; hanno anche recuperato quasi tutto il bottino che i francesi avevano assunto nel corso della loro invasione di quattro anni.

Oggetti particolarmente apprezzati comprendevano elmo, spada e sigillo di Carlo VIII, oltre a un libro contenente ritratti delle signore di cui aveva goduto durante l’invasione. Durante l’assenza di Francesco da Mantova, Daniele da Norsa, un banchiere ebreo, aveva acquistato una casa nel quartiere di San Simone della città e sostituiva l’immagine della Vergine Maria che decorava la facciata con il proprio stemma. Il reggente, Sigismondo Gonzaga, gli ordinò di restaurare la rappresentazione. Sebbene Daniele abbia accettato di farlo, la popolazione, infiammata dal sentimento antisemita, ha distrutto la sua casa.

Quando Francesco Gonzaga tornò, costrinse Daniele a finanziare una cappella e un dipinto devozionale. Il dipinto doveva essere eseguito dal pittore di corte mantovano, Mantegna, e fu inaugurato nel 1496 in occasione dell’anniversario della vittoria del duca a Fornovo. L’opera fu collocata nella chiesa di Santa Maria della Vittoria, che era stata costruita sulle rovine della casa di Daniele da Norsa.

Il dipinto fu una delle opere saccheggiate dai francesi durante l’invasione napoleonica in Italia e nel 1798 fu esposto al Louvre. Il dipinto non è mai stato restituito; la scusa data era che le sue grandi dimensioni rendevano difficile il trasporto. La presenza di un cacatua dal cratere di zolfo nel dipinto è indagata dagli storici in quanto potrebbe avere implicazioni sulla nostra comprensione delle reti commerciali del XV secolo.

La pala d’altare raffigura Francesco Gonzaga che rende omaggio a Maria, che siede su un trono alto decorato con marmi intarsiati e bassorilievi. La base del trono, con le zampe di leone, ha, all’interno di un medaglione, l’iscrizione “REGINA / CELI LET./ALLELVIA” (Regina del Cielo, rallegrati, Alleluia); giace su un basamento circolare con un bassorilievo del “peccato originale” e altre storie del libro della Genesi parzialmente oscurate dalle figure oranti. La schiena del trono ha un grande disco solare, decorato con intrecci e perle vitree.

Il bambino Gesù, che tiene due fiori rossi (simboli della Passione) e Maria, guarda Francesco Gonzaga, che è in ginocchio e ha un’espressione grata e sorridente mentre riceve la loro benedizione. La protezione data a Gonzaga durante la battaglia è anche simboleggiata dal mantello di Maria, che copre parzialmente la sua testa. Di fronte al donatore ci sono San Giovanni Battista con una croce con il solito cartiglio che recita “ECCE / AGNVS / DEI ECCE / Q [VI] TOLL / IT P [ECCATA] M [VNDI]” (Ecco l’Agnello di Dio, che toglie i peccati del mondo), e sua madre, Santa Elisabetta, protettrice di Isabella d’Este, moglie di Francesco Gonzaga. La scelta di Santa Elisabetta al posto di un mecenate potrebbe essere stata scelta come un messaggio di giudizio per i Norsa che sono stati fatti pagare per il lavoro come punizione per aver rimosso un’immagine della Madonna dalla loro casa. A differenza della Norsa, Santa Elisabetta, che è rappresentata come un’ebrea in un turbante giallo, fu la prima a riconoscere la santità di Maria.

Ai lati ci sono due coppie di santi in piedi: in primo piano ci sono due santi militari, l’arcangelo San Michele con una spada e San Longino con una lancia spezzata, che indossa armature riccamente decorate; alle loro spalle si trova Sant’Andrea, patrono di Mantova, con un lungo bastone con la croce e San Giorgio, un altro santo militare, con un elmo e una lunga lancia rossa.

La scena è ambientata in un’abside formata da una pergola di foglie, fiori e frutti, con diversi uccelli; la cornice del pergolato ha nella parte superiore una conchiglia (un attributo della Vergine come nuova Venere), da cui pendono fili di perle di corallo e cristallo di rocca, oltre a un grande pezzo di corallo rosso, un altro accenno alla Passione di Gesù. Il pappagallo è un commento sulla nascita di Gesù.

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